Niente più viaggi all’estero: per vendere al consumer cinese bisogna sbarcare in Cina
Si parla molto della Cina in questi giorni, il primo paese ad essere colpito dalla pandemia, ed il primo ad uscirne mentre Europa e USA si trovano ancora in diversi stadi di evoluzione.
Si prevede che la Cina sarà la prima economia a ripartire ed i suoi oltre 1,4 miliardi di abitanti fanno gola a molti imprenditori che si trovano con ingenti volumi di invenduto da smaltire.
Secondo dati dell’Osservatorio del turismo di Global Blue e Federturismo Confindustria del 2019, se prima il turista cinese con uno scontrino medio in Italia di circa 1.167 euro, rappresentava un’importante fonte di entrate per lo shopping retail, con l’avvento del covid-19 si rischia di azzerare gli ingressi nel settore dello shopping turistico.
L’Italia era infatti diventata la meta preferita dell’ambito turista cinese, che predilige lo shopping e l’acquisto di beni di lusso del made in Italy.
Le stime pre-coronavirus per il 2020 si aggiravano intorno ai 4 milioni di turisti cinesi con incassi sui 400 milioni l’anno.
Le ricerche indicano che dopo mesi di lockdown, il turista cinese è ancora desideroso di viaggiare, ma in questo periodo di incertezza la meta resta domestica.
Durante il periodo di vacanza del May Day break, il primo dopo la quarantena, 115m di persone hanno fatto vacanze in territorio nazionale, per un corrispettivo di Rmb47.6bn di indotto del settore turistico.
Per il momento niente più viaggi all’estero
Sebbene la fiducia del consumatore si stia assestando, la paura di un contagio esterno e le frontiere chiuse costituiscono una barriera al turismo internazionale.
Con i viaggi all’estero rimandati (si prevede almeno per 2 anni), il consumatore che prima faceva la maggior parte dei sui acquisti lusso fuori territorio nazionale, acquisterà adesso in Cina.
Una tendenza che era già in atto, promossa da misure del governo come la riduzione dei dazi all’importazione e le tasse sulle vendite, erodendo in questo modo il vantaggio competitivo in termini di prezzi.
Secondo Bain, azienda di consulenza settore lusso: “se i marchi di lusso sono in grado di servire i loro clienti in Cina con lo stesso livello di servizio ed offrono la stessa esperienza (che normalmente offrirebbero all’estero), possono recuperare la maggior parte di ciò che stanno perdendo in termini di turisti cinesi che non fanno più shopping in Europa o negli Stati Uniti.”
Dove raggiungere quindi il consumatore Cinese?
La saggezza popolare insegna “se Maometto non va alla montagna la montagna va a Maometto”. Vale a dire che, se il turista cinese non arriva più in Italia, almeno nel breve termine, le aziende italiane dovranno attrezzarsi per raggiungerlo in Cina.
Molti brand, soprattutto della moda e del lusso lo stanno già puntando sul revenge shopping.
A livello retail, gli incassi da record nei primi giorni di apertura sembrano confermare la scelta: vedasi Hermés che ha fatturato 2,7 million USD nel giorno di riapertura del negozio a Guangzhou, o Salvatore Ferragamo che, nonostante il calo globale del primo trimestre del -30%, ha registrato in Cina vendite in crescita a doppia cifra a Maggio.
Ma anche sul fronte e-commerce si nota un crescente interesse delle aziende nell’avviare canali di distribuzione, complice il cambio comportamentale emerso dal lockdown che ha prodotto un aumento significativo degli acquisti online (secondo il National Bureau of Statistics of China a Marzo il solo comparto di physical goods è aumentato dal 5,9%).
Antony Morato e Duvetica sono esempi di brand nostrani che hanno attivato e potenziato la distribuzione su piattaforme ecommerce come Tmall, iniziative che rispondono non solo alle esigenze imposte dall’emergenza sanitaria internazionale, ma che mirano ai processi di digitalizzazione dei negozi del futuro. La sinergia retail fisico e e-commerce sembra essere la strada.
La Cina non è Pechino
Il consumatore cinese si trova adesso in Cina ma non possiamo dimenticare che si tratta di un vasto territorio. La Cina è la nazione più popolosa del mondo, i cinesi costituiscono il 22% della popolazione mondiale.
Le principali città hanno una densità di popolazione elevatissima e si sviluppano su vaste aree. Pechino, Shanghai e Chongqing, le prime tre, contano più di 20 milioni di abitanti, le 15 città a seguire registrano numeri fra i 5 e i 15 milioni e più di 150 città superano il milione di abitanti.
I valori di GDP infatti sono più alti in città come come Shenzhen provincia di Guangdong, la prima del ranking nel 2019 con un GDP per capita di $29,498, seguita da Wuxi (GDP $26,100) e Suzhou (GDP $25,900) nel sudest del paese provincia di Jiangsu, mentre Pechino (GDP $23,800) e Shanghai (GDP $22,800) si trovano al settimo e ottavo posto.
Il consumatore Cinese è giovane, consapevole, tecnologico e si trova sparso in un paese immenso, come emerge dalla sintesi di uno studio sul consumatore Cinese di Mckinsey.
Questa nuova leva di consumatori è costituita da nativi digitali che vivono principalmente nelle città del tier 2, 3 o 4 (sistema di classificazione delle città cinesi), dove il costo della vita è più basso.
La vera sfida adesso resta raggiungere questi appetibili consumatori a casa loro, considerati da molti come l’ancora di salvezza per i consumi nel 2020 !
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